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10-11-2015
Agroalimentare: Ogm tra mito e realtà.
Sin dalla loro comparsa all’interno del dibattito pubblico internazionale, il 18 gennaio 1983 durante un simposio di genetica a Miami, quando tre gruppi di ricerca annunciarono contemporaneamente di aver modificato per la prima volta il corredo genetico di alcune cellule vegetali, gli Ogm hanno incontrato forti e numerose resistenze. Ciò è in parte attribuibile alle ricadute che un loro diffuso utilizzo potrebbe comportare in molti aspetti, da quello alimentare a quello sociale e culturale, fino a quello economico. Data l’istintiva diffidenza dell’uomo nei confronti di tutto ciò che è nuovo, inoltre, i detrattori degli organismi geneticamente modificati hanno trovato nel consumatore un referente già predisposto alla preoccupazione o al sospetto.
Tra le principali critiche mosse allo sfruttamento su larga scala delle varietà vegetali geneticamente modificate, quelle fondate sul timore che le grandi multinazionali dell’agro-alimentare, le uniche in grado di sostenerne i costi di produzione, possano influenzare a loro piacere il mercato mondiale, incidendo sugli equilibri socio-economici dei paesi in cui la piccola e media agricoltura gioca un ruolo fondamentale. Progettando sementi sterili o meno produttive, queste industrie costringerebbero i coltivatori a riacquistare stagionalmente il seme, togliendo loro la possibilità di produrre per conto proprio le sementi per coltivazini successive, con una conseguente diminuzione degli utili.
“Questa convinzione è falsa”, spiega Roberto Defez, direttore del Laboratorio di biotecnologie microbiche all`Istituto di bioscienze e biorisorse (Ibbr) del Cnr di Napoli.