11-06-2015
La patata nella Grande Mela.
Il Perù è uno dei paesi più affascinanti del mondo. E la coltivazione di patate è qualcosa di molto serio, visto che se ne trovano 800 tipi differenti da oltre 4000 anni. A New York invece, la città più cosmopolita del mondo, se ne cucinano solo quattro tipi, ma, volendo definire un vero americano, si dice che è meat & potatoes. L’americano meat & potatoes ama mangiare il cibo delle valli del Mississipi che vanno dalla Luisiana all’Illinois. In Toscana la chiameremmo “la via della ciccia”, quella dei cowboy che portavano le mandrie dal Centro-Sud al Centro-Nord della vecchia America e mangiavano bistecche e baked potatoes. Abbiamo detto che gli americani hanno quattro tipi di patate, ma per qualcuno ne esiste uno solo, la Fingerling, in molte varietà; per altri invece, le Idaho fanno razza a sé. In ogni caso, le patate americane hanno fatto un lungo viaggio, dal Peru alla Spagna, e dall’Europa, con le prime emigrazioni, sono tornate in America, ma in quella del Nord. Più o meno lo stesso percorso del pomodoro. I contadini peruviani fanno colazione con le patate, che cuociono sotto terra; a New York si cuocevano sotto la cenere, come in Italia, e ora si fanno al forno con o senza il foglio d’alluminio se si vuole che la pelle sia croccante. E anche a NYC, meat & potatoes è il modo più classico di cucinare le patate. I grandi bisteccai dei cinque boroughs si distinguono per i tagli della carne e per i diversi modi di stagionarla, prepararla e cuocerla, ma le baked potatoes sono sempre quelle. Varia solo il modo di condirle a seconda delle origini di chi le mangia. La classica baked potato è una patata dell’Idaho: grande e farinosa, con la buccia spessa e ruvida. La si serve con crema acida, sale, pepe ed erba cipollina. Con il coltello da bistecca, si apre la patata fumante tanto da poterla lavorare coi condimenti creando una grossolana purea che serve ad accompagnare la bistecca al posto del pane. I condimenti alternativi sono il burro o la crème fraiche di origine francese e l’olio di oliva d’origine italoispanica. Tuttavia, pare che le vere patate autoctone siano le sweet potatoes, quelle dolci, che sarebbero state coltivate nell’America Centrale e Meridionale da oltre 10.000 anni. Diciamo “pare” perché la tendenza dei ricercatori è quella di far credere che tutti gli americani, da Nord a Sud, non abbiano appreso niente dagli europei! Le sweet potatoes, di pasta arancione, rossa o viola, sono ricche di potassio, ferro, vitamine e povere di calorie, e sono coltivate negli stati del Sud dove sono uno degli ingredienti più importanti. A New York si usano poco, quasi esclusivamente per la Festa del Ringraziamento, ma alcuni ristoranti stanno cercando di rilanciarle: sono stucchevoli, ma fanno bene, non ingrassano e... costano poco! Con queste patate ci fanno il pane, i muffin, il pudding e un dolce buonissimo: la sweet potato pie. Si trova anche un’insalata di patate dolci, che si mangia calda o fredda: cubetti di patate lesse, di tofu, broccoli e uvetta, conditi con una normale vinaigrette. I piatti di patate più diffusi non sono molti: home fries, saltate a spicchi e con la buccia dopo essere scottate; le patate lesse, con le quali si fanno insalate con maionese ed erbe o l’aggiunta di un po’ di cipolla; le hash brown, di origine svizzera, simili al Rösti, ossia patate grattugiate a formare una spessa frittata che si fa cuocere finché non diventa croccante all’esterno. Si serve formando uno o più strati e se si vuole dare un tocco all’italiana a questo piatto, si mescola un trito di pancetta. Le patatine fritte sono le più diffuse: le french fries, a volte chiamate freedom fries da chi non ama i francesi. Furono ribattezzate così all’inizio della seconda Guerra del Golfo. L’ultimo grido della patatina sono le cake-fries, ottenute cuocendo patate machées in una pressa da pancake; è un piatto da trattorie modeste. Ma se volessimo mangiare un piatto di patate un po’ particolare? Ve la raccontiamo con le parole di Maurizio Marfoglia, chef e coproprietario di `Tutto il giorno`, a Sag Harbor, che è quasi in fondo a Long Island: “Rinnovarsi è difficile per tutti, anche per le patate! Lesse, arrosto, fritte, in purea... sempre la stessa roba. Prendete delle buone Idaho Gopd, lavatele e mettetele in un bel canovaccio pulito. Chiudete bene il fagotto, appoggiatelo su un piano robusto e prendetelo a martellate, senza troppi complimenti, ma non fatene una poltiglia, devono spezzarsi: pochi e sani colpi di martello. Ora fatele bollire dolcemente, quindi friggetele un poco nell’olio per tenerle su e mettetele in una teglia da forno: conditele con sale, pepe ed erbe e le fatele arrostire come il buon Dio comanda. Son pronte in una ventina di minuti e vedrete che hanno cambiato temperamento, sono imprevedibili. Il grande Gualtiero Marchesi suggeriva un suo segreto: quello di arrostirle nel grasso di rognone che brucia a temperatura ancora più alta dell’olio di oliva; ma questa è roba per pochi e poi... non puzza!” Per maggiori informazioni sulla storia della patata nella Grande Mela, `Patata nella grande mela` di Paolo Villoresi De Loche (volume digitale “la patata`, collana Coltura & Cultura).