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26-01-2015
Greening PAC 2014-2020: mantenimento prati e pascoli permanenti; il caso della medica.
Il mantenimento dei prati e pascoli permanenti è uno dei tre impegni del greening, che l’agricoltore deve rispettare dal 1° gennaio 2015. Dei tre impegni è quello meno stringente, ma ciononostante gli agricoltori devono prestare molta attenzione agli aspetti applicativi.
I vincoli, da rispettare, sono due: a) nelle zone ecologicamente sensibili gli agricoltori non possono convertire o arare i prati e pascoli permanenti;
b) nelle altre zone gli agricoltori possono convertire i prati e pascoli permanenti solo dopo l’autorizzazione di Agea.
Vediamo nel dettaglio.
Prati e pascoli in zone sensibili.
Gli Stati membri designano i prati e pascoli permanenti ecologicamente sensibili nelle zone della rete “Natura 2000”, contemplate nelle direttive 92/43/Cee (direttiva “Habitat”) o 2009/147/Ce (direttiva “Uccelli”); in queste zone si richiedono rigorose modalità di protezione per conseguire gli obiettivi di dette direttive. Inoltre, gli Stati membri possono designare i prati e pascoli permanenti ecologicamente sensibili anche al di fuori di tali zone. In Italia, il decreto ministeriale n. 6513 del 18 novembre 2014 attribuisce questa possibilità alle Regioni.
Gli agricoltori non possono convertire o arare i prati e pascoli permanenti nelle zone ecologicamente sensibili.
Diminuzione massima del 5%.
Gli Stati membri devono assicurare che il rapporto tra “prati e pascoli permanenti” e la “superficie agricola totale” non diminuisca in misura superiore al 5%, assicurando il mantenimento di una certa proporzione delle superfici a prato e pascolo permanente.
La quota, da tenere sotto controllo si ottiene dal rapporto tra: a) superficie investita a prato e pascolo permanente; b) superficie agricola totale dichiarata.
La verifica della diminuzione richiede un confronto tra la quota ex-ante e la quota di ogni anno, dal 2015 al 2020.
La quota ex-ante (A), chiamata “quota di riferimento”, è costituita da: a) superficie investita a prato e pascolo permanente nel 2012, più la superficie investita a prato e pascolo permanente nel 2015, che non è stata dichiarata nel 2012; b) superficie agricola totale dichiarata nel 2015.
La quota di ogni anno (B) si calcola dal seguente rapporto: a) superficie investita a prato e pascolo permanente di ogni anno; b) superficie agricola totale dichiarata ogni anno.
La variazione di B rispetto ad A non deve diminuire in misura superiore al 5%.
Obbligo a livello nazionale.
Il Decreto ministeriale n. 6513 del 18 novembre 2014 prevede che l’obbligo di rispetto della quota “prati e pascoli permanenti” si applichi a livello nazionale; quindi il singolo agricoltore non deve avere preoccupazioni per questo impegno.
Tuttavia, qualora uno Stato membro accerti che il rapporto è diminuito di oltre il 5%, deve obbligare i singoli agricoltori a convertire terreni a prato permanente. Il Decreto ministeriale n. 6513 del 18 novembre 2014, per cautela, ha fissato questa percentuale al 3,5%.
La diminuzione dei prati e pascoli permanenti è spesso imputabile a un aumento degli imboschimenti; in tale caso non viene considerata come una diminuzione dei prati e pascoli permanenti in quanto l’imboschimento è compatibile con l’ambiente.
Al fine di verificare il controllo sulle superfici a prati e pascoli permanenti, in Italia il Decreto ministeriale n. 6513 del 18 novembre 2014 impone che gli agricoltori possano convertire i prati e pascoli permanenti solo dopo l’autorizzazione di Agea, che viene rilasciata entro 30 giorni.
La richiesta di autorizzazione non prevede un diniego da parte di Agea, ma solo la necessità di controllare l’evoluzione della superficie a prati e pascoli permanenti, al fine di dimostrare alla Commissione europea il rispetto della quota.
Quindi gli agricoltori interessati a convertire un “prato e pascolo permanente” in seminativi o colture arboree, possono ottenere l’autorizzazione automaticamente.
Nessuna preoccupazione, solo un po’ di attenzione.
L’impegno del mantenimento dei prati e dei pascoli permanenti è stato creato per la loro salvaguardia, essendo considerati estremamente sensibili dal punto di vista ambientale.
Il mantenimento dei prati e pascoli permanenti era già presente nella vecchia Pac con la norma della condizionalità: in sostanza la situazione non cambia molto dal precedente obbligo.
In Italia, il rischio di diminuzione del 3,5% della quota è praticamente inesistente in quanto l’interesse a convertire ad arare i prati e i pascoli permanenti è molto limitato.
In sintesi, gli agricoltori devono solo prestare un po’ di attenzione: a) nelle zone ecologicamente sensibili non possono convertire o arare i prati e pascoli permanenti; b) nelle altre zone possono convertire i prati e pascoli permanenti solo dopo l’autorizzazione Agea.
Il caso dell’erba medica.
Un’attenzione particolare va posta alla definizione di “prato e pascolo permanente” (art. 4, par. 1, lett. h, Reg. 1307/2013):
terreno utilizzato per la coltivazione di erba o di altre piante erbacee da foraggio, naturali (spontanee) o coltivate (seminate), non compreso nell’avvicendamento delle colture dell’azienda per almeno cinque anni o più.
Quindi, un medicaio diventa “prato e pascolo permanente” dopo il 5° anno dall’impianto, ossia dal 6° anno. Pertanto, l’agricoltore può arare il medicaio il 6° anno, mantenendo sempre il terreno a seminativo. Ovvero, dopo il 6° anno l’agricoltore può arare il medicaio, che ritorna seminativo.
Questa norma, che è sempre esistita nella Pac, desta molta apprensione tra gli agricoltori, ma la preoccupazione è irragionevole; la novità è che Agea intende fare i controlli. Qual è il problema, in fase di controllo, se il medicaio diventa coltura permanente? Nessun problema.
L’unica attenzione è l’impegno del greening, che chiede all’agricoltore di comunicare 30 giorni prima ad Agea, tramite il Caa, l’aratura del medicaio e il ritorno al seminativo. Agea come detto non può opporsi, deve solo tenere i conti dell’evoluzione dei prati e pascoli permanenti in Italia.
L’unico vero vincolo esiste nelle zone sensibili, ossia quelle contemplate nelle direttive 92/43/Cee (direttiva “Habitat”) o 2009/147/Ce (direttiva “Uccelli”), dove è vietata la conversione dei prati e pascoli permanenti.
Di Angelo Frascarelli - Agricoltura 24.
approfondimento:http://www.agricoltura24.com